Appunti storici sul Piemonte


Sul numero 1 di «Familho chamoussino», il bollettino di vita di Chiomonte e delle Ramats da noi pubblicato, ha trovato spazio un approfondimento realizzato da Simone Spaccasassi in merito ai sistemi linguistici parlati in Piemonte: walser, francoprovenzale, occitano, piemontese, ligure e lombardo, una ricchezza da tutelare, da valorizzare e da promuovere. Al fine di ampliare i cenni sul Piemonte, tanto sul livello linguistico – già analizzato – quanto su quello storico, proponiamo da oggi una serie di interventi sul tema, sempre realizzati da Spaccasassi.


La parte occidentale del Piemonte è quella che porta da più tempo questo nome. L'antica Signoria del Piemonte, l'imponente feudo affidato al ramo cadetto dei Savoia, i Savoia-Acaia. L'antico principato aveva per capitale Pinerolo e per seconda capitale Fossano (quindi Torino all'epoca era soltanto una piazzaforte militare).
I primi possedimenti dei Conti di Savoia al di qua delle Alpi sono dovuti al matrimonio tra un Conte di Savoia e la Marchesa Adelaide di Susa, che da parte del Padre Olderico Manfredi ereditava la Marca Arduinica, che comprendeva il Canavese (e la precedente capitale Ivrea), Torino, Susa, Pinerolo e l'antica Auriate, una città situata nell'area di Cuneo, che è stata devastata dai Saraceni ma il cui nome è rimasto nel denominazione della piccola località di "Valloriate".
L'arrivo dei Savoia in Piemonte è quindi antico, ma è servito oltre un secolo prima che essi ottenessero un reale predominio sul territorio, e nascesse così la Signoria di Piemonte, che costituiva la parte più sviluppata e fiorente del Ducato, considerando che il Nord-Italia nel Basso Medioevo era una delle aree più ricche del mondo insieme alle Fiandre e alla Cina (all'epoca chiamata Impero del Catai).
I Savoia avevano strappato l'area del cuneese a Carlo d'Angiò, che tra i numerosi titoli era anche Conte di Provenza ed era penetrato in Piemonte dal colle dell'Argentera e dal colle di Tenda. Al Principato di Piemonte sono stati inglobati anche numerosi minuscoli marchesati aleramici originati dall'impressionate frammentazione tra gli eredi di Bonifacio del Vasto, Marchese di Savona. Se nell'Alto Medioevo il Piemonte era una regione desolata, frammentata in svariati comuni indipendenti e marchesati politicamente insignificanti, devastata dalle scorribande dei Saraceni di Frassineto (la moderna Saint Tropez, in cui avevano stabilito una base permanente per i saccheggi), i Savoia per i primi 150 anni hanno assicurato un'epoca di stabilità, prima che il Piemonte ridiventasse inevitabilmente uno dei tanti campi di battaglia delle potenze europee, nel Seicento.
Il Piemonte ha fissato la sua capitale in un'epoca non così antica. Torino infatti è diventato il centro più importante del Piemonte solo a partire dal Cinquecento. Prima di quell'epoca Chieri, Asti, Saluzzo, Casale, Ivrea, Fossano, Pinerolo e Vercelli avevano dimostrato una rilevanza pari a quella di Torino, e spesso anche di gran lunga superiore, per potere ecclesiastico, politico ed economico. Asti, in particolare, era la Firenze del Piemonte: ricchissima, con una torre per ogni banchiere, con una classe dirigente aperta al mondo dei commerci, ma molto poco votata al bene comune. I suoi nobili (le cosiddette casane astigiane), sorti dalla classe mercantile e non da quella cavalleresca, non sono mai riusciti a stemperare le discordie interne, finché non si sono fatti superare da città più stabili, cadendo sotto la dominazione di grandi potenze militari, prima i Milanesi, poi i Francesi, ed infine i Savoia.
Il cosiddetto Piemonte orientale (Vercelli, Asti, Casale, Alessandria, Biella) è entrato a far parte del Piemonte con il passare del tempo e le politiche indovinate di vari Conti e Duchi savoiardi. Con Vittorio Amedeo II, detto la Volpe di Savoia, il Piemonte si consolida come stato indipendente, rigettando le continue ingerenze francesi e indovinando alcune spericolate alleanze con l'Impero Austriaco (al comando delle cui truppe si trovava un cugino dei Savoia, il formidabile Principe Eugenio). In quel periodo i Savoia ottengono il Monferrato, devastato dopo un secolo di dominazione dei Gonzaga di Mantova, e altri minuscoli Stati come il Marchesato di Spigno, la Signoria di Desana, il Marchesato di Gorzegno: questi nomi così oscuri sono entità indipendenti veramente esistite, che avevano per capitali dei piccoli borghi che contano tuttora tra i 200 e 1000 abitanti. Si può quindi dire che la lingua non corrisponde affatto alla suddivisione amministrativa degli stati antichi, le persone comunicavano regolarmente al di là di questi labili confini politici.
Con il tempo Torino si è elevato sulle altre città non solo della regione, ma dell'Italia intera. Un buon paragone è quello tra Torino e Berlino: città unificatrici e periferiche al tempo stesso, non le più ricche, non le più colte, ma le più armate, le più organizzate, le più disinvolte nello stringere e nel rompere alleanze con chiunque fosse possibile (più o meno lecitamente) trattare. Il Ducato di Savoia era diventato così perché l'alternativa era finire come la Bretagna. Se qualcuno si domanda come mai la Casa di Savoia fosse così patriarcale e legata alla legge Salica, basti guardare l'annessione della Bretagna da parte della Francia per vie "nuziali". Capirete bene che la trasmissione ereditaria a soli uomini era fondamentale per evitare l'unione personale delle corone di Francia e Savoia.
Piemonte, Savoia e Nizza sono rimaste a lungo legate, Nizza è stata unita al Piemonte per quasi 500 anni, dal 1388 al 1860, mentre la Val di Susa (fino a Giaglione e Gravere) e Torino sono state stabilmente legate alla Savoia per oltre 800 anni, fin dal 1045. Del Ducato di Savoia si diceva: savoiardi cacciatori, piemontesi contadini, nizzardi pescatori. Questo terzetto eterogeneo, una piccola coalizione di sopravvissuti dalla Francia, ha fatto tesoro della sue vistose differenze interne. Ma è stata forse quella complessità, in bilico sulle montagne più alte d'Europa, che ha permesso a questo Ducato di rimanere l'unico stato italiano/francese pienamente indipendente fino all'età contemporanea.
Indipendenza che per mantenersi ha dovuto nutrirsi di annessioni a danni principalmente del Ducato di Milano, e di fallimentari attacchi alla Repubblica di Genova, risolti con l'annessione coatta in seguito al Congresso di Vienna del 1815 che ha restaurato molte monarchie, ma non le repubbliche.
Torino quindi è stata capitale dei territori più svariati, così come svariati erano i reami dei sabaudi, iniziati in Moriana e finiti a Mogadiscio.
I simboli del potere di Torino oggi non sono altro che vestigia del passato, ma la città è diventata una metropoli, che ha compensato alla perdita di importanza politica con un'economia poderosa, la terza d'Italia dopo Roma e Milano. Per questo motivo il circondario non ha smesso di andarle dietro: tutte le vallate, inclusa la Val d'Aosta, la Provincia di Cuneo, tutta l'area collinare di Langhe-Roero e Monferrato e le province di Biella e Vercelli fanno riferimento a Torino per l'università, il lavoro, la giustizia, e costituiscono innegabilmente lo zoccolo duro del Piemonte anche dal punto di vista culturale e linguistico, sebbene nelle valli occidentali il tipo linguistico piemontese ceda puntualmente il passo ai patoé, che sono lingue di ceppo transalpino, o comunque di forte transizione con le lingue transalpine.

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