Guardia Piemontese: lingua e musica
Sul numero 2 de «La Rafanhauda» (2012)
pubblicammo un articolo di Domenico
Iacovo, presidente dell’associazione culturale Gàrdia d’oc, su Guardia
Piemontese (o Guardia Occitana?), il centro occitanofono di Calabria di cui
veniva offerto un profilo storico. Nel contributo che pubblichiamo qui di
seguito, sempre di Domenico Iacovo, se ne completa il quadro con un profilo
linguistico e culturale-musicale.
Guardia
Piemontese è l’unica isola occitana del centro-sud Italia e la sua variante linguistica
deve per certi versi essere considerata come “occitano estremo”, esattamente
come nel caso della Val d’Aran in Spagna.

Seguendo
un’analisi più accurata, si nota che la maggior parte del lessico rimasto
pressoché intatto è proprio quello utilizzato per definire i termini inerenti
la vita casalinga e quotidiana. Così ‘padre’ si dice paire, ‘madre’ maire,
‘zio’ barba, ‘cane’ vès, ‘capra’ chabra, ‘asina’ ròssa,
‘bambino’ mainà, ‘cucire’ cosser, ‘pascere’ paisser ecc...
È
stata, invece, vittima di “imbastardimento linguistico” la sezione lessicale
inerente i termini utilizzati per indicare lavori e professioni. Così ‘falegname’
si dice mastro d’asha, ‘pastore’ foris, ‘panettiere’ fornar,
‘pialla’ quianotz ecc...
Per
quanto riguarda la fonetica e la pronuncia, l’occitano di Guardia Piemontese
coniuga il femminile con la finale muta: si scrive chabra in grafia dell’IEO ma si legge chabr, contrariamente all’occitano-alpino che presenta
maggioritariamente il genere femminile con la finale o. Inoltre il guardiolo conserva i suoni æ (esempio l’aggettivo ‘bello’ si scrive bèl ma si pronuncia bæł)
e lh in pronuncia originale dolce gl
(‘sole’ si scrive solèlh ma si
pronuncia sulègl).
Molto
interessante l’aspetto filologico. Termini ormai in disuso della lingua parlata
si riscontrano nei nomi di località o in espressioni popolari. È il caso della
parola occitana quiòt (clòt)
ovvero ‘pendio’; ebbene, questo termine è scomparso nel guardiolo ma
esiste una nota località situata su un pendio che, guarda caso, si chiama Quiòt. Analogo discorso per il termine ‘disgrazia’
che in guardiolo si traduce oggi con desgrassia, corrispondente al marianova
dell’occitano-alpino; ebbene, esiste un’imprecazione popolare antichissima malanòva te pès l’arrivar (‘ti possa
arrivare una disgrazia’) in cui è facilmente individuabile il termine ‘disgrazia’
con malanòva, molto simile alla marianova alpina.
Per
quanto riguarda i tempi verbali, il guardiolo coniuga i verbi sui seguenti
tempi: presente (minjo), passato (ai minjat), imperfetto (minjìo), trapassato (avìo minjat), passato remoto in forma perifrastica
composta dal verbo andare seguito dall’infinito del verbo in questione (vò minjar), presente congiuntivo (que minje), passato congiuntivo (que minjèsse), condizionale (minjero), participio (minjat), gerundio (minjant) ed infinito (minjar).
Non si coniuga il futuro ma lo si genera con la perifrastica composta dal verbo
avere (che significa anche ‘dovere’)
seguito dall’infinito del verbo in questione, così ‘mangerò’ si traduce con ai -a- minjar.
La
tradizione vuole che il guardiolo venga parlato quiar e dus (chiaro e lento). La sequenza delle parole deve
ricordare una melodia e, quando proprio non si riesce a far scorrere
ordinatamente le parole, si ricorre allora a liaisons improvvisate. Tutto
deve essere breve, aspro e melodico, esattamente come volevano gli antichi trovatori
occitani del 1100.
Allora
la musica è un elemento essenziale nella cultura occitana di Guardia
Piemontese.
Gli
schemi di esecuzione e composizione folkloristica ricordano molto la tarantella
o la quadriglia ma, se osserviamo attentamente e ci avvaliamo della cultura del
luogo, notiamo che in effetti c’è molto di muzico d’oc e ci troviamo
davanti a polke, serenate a metro provenzale e vanestèps (antica danza di zampogne e organetti a tempo binario
ordinario).
Da
qualche tempo inoltre, il gruppo musicale Lhi
RòS (oggi evoluto in Vent de Nòtes)
compone canti e balli seguendo gli schemi tradizionali occitani. Così a Guardia
si ballano nuovamente bourées, courentas, rigoudons e gigas.
Probabilmente
la ghironda, oggi introdotta ed utilizzata dal Vent de Nòtes, non è mai giunta a Guardia durante le emigrazioni
valdesi. Ma è davvero strano sentire gli anziani chiamarla dolcemente zamprònha esattamente come la si chiama
in Guascogna (sempronia) ... come è possibile? ... sarà che il suono
della ghironda ricorda loro qualche antico strumento musicale occitano oggi
scomparso? Sarà stato portato a Guardia durante il 1300 e poi scomparso?
Simpatiche
ed interessanti, infine, le analogie tra suonatori guardioli ed alpini durante
i festeggiamenti del Carnevale. Da premettere che sia lo Carnevar guardiolo che la
Baìa di Sampeyre ricoprono un ruolo importantissimo nella cultura delle due
località.

Non
vi ricorda niente della Baìa, in cui
si suona e beve più giorni?
Inutile
sottolineare che tra le maschere tradizionali guardiole compaiono, oltre a
prete, medico, Pulcinella, Carnevar, Caremma, giudice e crocerossina, anche
il turco ed il gendarme a cavallo... sarà anche questo un caso? Non penso
proprio!
E
così, travolgendo la geografia, possiamo affermare che le valli occitane
piemontesi non si fermano in Liguria, ma arrivano dritte dritte fin nel cuore
della Calabria, su un piccolo colle alto circa 514 metri.
Domenico Iacovo
Presidente Gàrdia d’Oc
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